La macchina più costosa della storia

Vi siete mai chiesti quale sia l’auto più costosa nella storia del mondo?

Si tratta di una Ferrari ed in particolare della Ferrari 250 GTO.
Quest’auto ha toccato livelli veramente pazzeschi, considerando che proprio per questo veicolo, ad un’asta un misterioso acquirente a pagato la cifra record di 52 milioni di dollari per convincere il suo proprietario, Paul Pappalardo a privarsi del veicolo che custodiva da oltre 40 anni.

Le Ferrari rappresentano molto di più di una vettura, dato che sono un vero e proprio status symbol sociale.
Ovviamente per riuscire a permettersi vetture di questo livello e costo, bisogna necessariamente possedere un patrimonio di tutto rispetto, considerando che con la stessa cifra sarebbe possibile acquistare decine se non centinaia di altri modelli, apparentemente più lussuosi e moderni.

Ci sono stati casi in cui questa vettura è stata venduta anche a meno, ma anche se si tratta “solamente” di 35 milioni di dollari, stiamo pur sempre parlando di cifre da “paperoni”.
Questo veicolo, prodotto dalla famosa casa automobilistica italiana, è stata prodotta dal 1962 al 1964 e all’epoca il suo prezzo era di appena 18 mila dollari.

Lo stesso Piero Ferrari, figlio del famoso Enzo, che attualmente ricopre il ruolo di vicepresidente dell’azienda, ha rivelato che non si aspettavano che questo particolare modello, riscontrasse un così largo successo.
Probabilmente la sua esclusività è legata al fatto che durante gli anni di produzione, ne furono costruiti solamente 39 esemplari.

Piero racconta di come all’epoca, i giornalisti che si occuparono di scrivere dell’articolo di lancio di questa nuova vettura, rimasero molto colpiti dal suo aspetto, che la vedeva dotata di un lungo muso, accoppiato ad una coda tronca.
Sembra che molti siano curiosi di sapere se Enzo possiede almeno una copia di ogni vettura rilasciata dalla sua prestigiosa società, ma il figlio, citando le parole del padre, rivela che lo scopo del signor Ferrari è quello di fare le auto per correre, venderle e pagare gli operai, e collezionarle non è nei suoi interessi.